martedì 26 settembre 2017

Cultus Deorum: Natale di Venus Genitrix ed il suo Tempio a Roma (26 settembre)

Venus, Afrodite per i greci, in origine era una dea italica della vegetazione primaverile, personificazione del desiderio del sentimento amoroso e della bellezza, i romani le diedero un grandissimo numero epiteti corrispondenti ad altrettanti aspetti e funzioni, fra questi l’aspetto di Venus Genitrix, che vince il male, restituisce la pace e dona fertilità.

Nata nella spuma del mare dal seme di Urano, quando i suoi genitali caddero in mare a causa dalla castrazione a cui lo sottopose il figlio Saturno per vendicare la madre Gea, sposa del dio del cielo, giunse sulla riva in una conchiglia sospinta dal vento e dalla brezza marina.
Il suo corpo presenta sette caratteristiche di bellezza, o difetti, o buchi o ali:
capelli biondi con colore differente all'attaccatura;
dito medio della mano più lungo del palmo;
rughe a circonferenza sul collo;
il secondo dito del piede più lungo dell'alluce;
lo strabismo;
linee addominali oblique;
due piccoli incavi simmetrici all'altezza delle natiche. 

Sono a lei sacre il mirto, la rosa, il melo e il papavero; e poi la lepre, il delfino, il cigno (simbolo di  bellezza ed eleganza), il passero e la colomba (simbolo dell'amore).

Pompei



 Il tempio di Venus Genitrix fu voluto da Caio Giulio Cesare (100 a.C.E.- 44 a.C.E), conquistatore della Gallia. Il tempio rientrava in un progetto di ampliamento del Foro Romano, inaugurato nel 46 a.C.E. e riguardante la costruzione di una lunga piazza circondata sui tre lati da portici ed, addossato al colle capitolino, il tempio a Venus Genitrix, la quale era madre divina dell’eroe traiano Enea[1], che raggiunta la costa laziale diede origine alla gens Iulia, dalla quale Cesare discendeva. Attraverso quindi la costruzione del tempio a Venus Genitrix, Caio Giulio Cesare ringraziava la Dea per le vittorie ottenute in guerra e celebrava se stesso e le sue divine origini. 

La costruzione del Tempio inaugurò un nuovo stile architettonico, nato dall'unione dello schema greco/ellenistico dell'agorà alla classica struttura romana del tempio su podium, davanti al tempio Cesare avesse fece posizionare una statua che lo rappresentava a cavallo del suo destriero personale, come ci racconta Gaio Svetonio Tranquillo (70-126 C.E) nel suo De vita Caesarum. 
I giochi e le feste indette per la consacrazione del tempio furono interrotte dalla morte di Cesare e quando ripresero per iniziativa di Augusto (63 a..C.E.-14 C.E.) una leggenda narra che nel cielo apparve una grande cometa: l’anima di Cesare, dissero i romani. 


Tempio ottastilo, cioè con otto colonne sul fronte ed otto sui lati lunghi ma privo di colonne sul retro, in stile corinzio, elevato su un alto podio, in marmo bianco lunense. Si accedeva al tempio tramite due scale laterali confluenti in una scale frontale che occupava il settore superiore del podio. Sopra l’architrave correva un fregio sontuoso, decorato da girali di acanto. La cornice sovrastante riccamente lavorata terminava con un motivo di delfini con code intrecciate introno a tridenti, con un richiamo a Venus nata dalla spuma del mare e portatrice dell’amore, di fertilità e ricchezza evocata dai rigogliosi girali di acanto del fregio.
I muri della cella erano ricoperti da pannelli di marmo bianco che scandivano verticalmente le pareti, ed incorniciate da motivi vegetali e piccoli putti con le ali o amorini in molteplici atteggiamenti. Il tema degli amorini tauroctoni, due amorini affrontati in atto di sacrificare tori e quindi ministri di un sacrificio celebrato in onore della Dea, pare sia stato appositamente creato per questo tempio ....



 ... amorini, dalle gambe trasformate in foglie di acanto, depongono offerte in un incensiere sostenuto da un elegante candelabro posto al centro della composizione.


 Le colonne sorreggevano un sontuoso fregio-architrave in marmo bianco lunese, nel quale ritroviamo i temi degli amorini recanti oggetti-simbolo delle divinità dell’Olimpo rappresentati perché rendessero omaggio a Venus. Sul lato frontale una terza serie di pannelli raffiguranti amorini stanti leggermente di tre quarti, che sorreggono ghirlande di fiori e frutta dalle quali si snodano nastri dall’andamento sinuoso. Amorini incorniciavano anche la porta d’ingresso sottolineando lo stretto legame tra Eros e Venus, gli amorini erano infatti personificazioni di Eros, figlio di Venus e Marte, dio dell’amore, capriccioso e scaltro, crudele e spietato. Il portale del tempio era decorato da rigogliosi tralci d’uva, piccoli animali nascosti dalle foglie lussureggianti. La stessa decorazione era riprodotta in una lastra raffigurante un pergolato con tralci di vite simili al di sotto del quale si trovava un recipiente per il vino sormontato da una maschera teatrale ed affiancato da una pantera, con chiari riferimenti a Bacco [2] che completa l’apparato simbolico relativo alla Dea che porta prosperità, ma induce anche verso il prevalere dell’istinto sulla ragione. L’interno del tempio era costituito da una cella a navata unica conclusa sul fondo da un’abside che ospitava la statua di Venus Genitrix, andata distrutta e sostituita con una copia in terracotta di un originale bronzeo attribuito a Callimaco (Vsc a.C.E) raffinato scultore ed architetto greco, opera dello sculture greco neo-attico Archesilao. Al fianco della statua della Dea, ora conservata al Museo del Louvre a Parigi, era collocata un’effigie dorata di Cleopatra. Oltre a contenitori con gemme incise, arricchivano il tempio due quadri di Medea ed Aiace, donati da Cesare sempre, incorniciati in una decorazione architettonica applicata alle pareti.


Danneggiato nell’incendio del Campidoglio nell’80 C.E. fu ricostruito dall'imperatore Traiano (53 C.E.-117 C.E.) seguendo schema architettonico e temi decorativi originari, e nuovamente dedicato nel II sc.
 Nel rifacimento  (53 a.C.E. - 117 a.C.E.) le colonne del tempio inquadravano nicchie monumentali, sormontate da piccoli timpani in marmo bianco ospitanti statue ed opere d’arte che facevano del tempio un vero e proprio museo. Lo storico romano di lingua greca Cassio Dione (155-229) nella sua Storia Romana ricorda una statua di Cesare dedicata da Ottaviano (63 a.C.E.-14 C.E.), ed una statua collocata, in un’edicola a sé stante, dal terzo imperatore romano Caligola (12 C.E. – 41 C.E.) della sorella Drusilla (18 C.E.-38 C.E.) per la quale nutriva un grande amore, tanto che alla sua morte l'imperatore la divinizzò come Diva Giulia. Gli storici Tacito (55-120 C.E.) e Svetonio (70-126 C.E.) i due fratelli avevano rapporti incestuosi. Un ordine diverso architettonico nella decorazione e nelle dimensioni esaltava due punti salienti della cella: l’abside, delimitate da paraste (elemento strutturale architettonico inglobato nella parete dalla quale sporge leggermente), da lesene (anch’esso elemento strutturale architettonico inglobato nella parete dalla quale sporge leggermente ma dalle sole funzioni decorative), ed il lato d’ingresso dove due colonne che sorreggevano fusti in porfido più piccoli di diametro delle basi sormontati da capitelli compositi, inquadravano all’interno il grande portale di accesso all’aula di culto. Il completamento della zona absidale è probabilmente di età adrianea con i pannelli con un solo amorino. La ricca decorazione architettonica e scultore della cella era completata da una pregiata pavimentazione in lastre di marmo “a grande modulo” (Federico Guidobaldi): lastre rettangolari incorniciate da fasce di paonazzo larghe un piede e mezzo con quadrati di risulta ai vertici delle lastre rettangolari. Pronao (il portico colonnato posto di fronte alla cella templare) e peristasi (porticato colonnato, di solito quadrangolare che circonda, la cella, naos.) erano pavimentate in lastre di marmo lunense senza motivo decorativo, ma non in asse con le colonne, bensì l’elemento di riferimento era l’abside in fondo della cella: questo fa del tempio di Venere Genitrice un edificio prototipale nell’architettura templare, che diverrà canonico nelle basiliche paleocristiane. 


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Note:
[1] Enea, figlio del mortale Anchise, cugino del re di Troia, principe dei Cardani, e della dea Venere, protagonista dell'Eneide del poeta romano Virgilio (70 a.C.E.-19 a.C.E.), fu esempio di uomo obbediente agli dèi e umile di fronte alla loro volontà.
[2] Bacco, il greco Dionisio, era dio del vino, della vendemmia, e personificazione di quelle energie che permettevano la maturazione dei frutti. Era raffigurato come un uomo col capo cinto di pampini, ebbro reggente spesso in mano ha una coppa di vino.

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 Fonti: 
M. P. Del Moro, M. Milella, L. Ungaro, M. Vitti, Il Museo dei Fori Imperiali nei Mercati di Traiano, Mondadori Electa, Milano, 2007. 
F.Coarelli, Guida archeologica di Roma, Arnoldo Mondadori Editore, Verona, 1984. 
P.Maisto M.Vitti, Sotto il segno di Venere, in Archeo, Anno XXVII, n.ro 8 (318), Agosto 2011, pp.38-53. 

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