sabato 22 dicembre 2018

Solstizio d'Inverno ...

Solstitium è la parola latina che indica in astronomia il momento in cui il Sole nel corso del suo moto apparente lungo l’eclittica (= il cerchio massimo creato dall’intersezione della sfera celeste con il piano geometrico dell’orbita terrestre) raggiunge il punto di massima distanza dalla Linea dell’Equatore, dovuto all’inclinazione dell’Asse di Rotazione Terrestre (quella linea immaginaria che congiunge i due poli terrestri e attorno alla quale la Terra compie il suo moto di rotazione). Quindi due volte all’anno il Sole è perpendicolare al mezzogiorno locale del Tropico del Cancro per il solstizio di giugno, a quello del Tropico Capricorno per quello di dicembre.

Quando si parla di solstizio d’inverno si intende il momento in cui il sole raggiunge la massima distanza angolare rispetto al piano dell’equatore terrestre, influenzando il numero di ore di luce, minori nel solstizio invernale (il girono più corto) e maggiori in quello estivo il giorno più lungo.

Foto di D.Menozzi


Nei culti pagani antichi e moderni questo è un giorno di celebrazione e festa.
La parola Yule si crede derivi dalla parola scandinava o anglosassone Iul, o dal norvegese jul che significa ruota.

Nei paesi scandinavi, alberi sempreverdi (simbolo della persistenza della vita anche attraverso il freddo e l’oscuro dell’inverno) venivano portati nelle case e decorati con campanelle, candele, nastrini dai colori brillanti (per attrarre gli spiriti), pane, frutta e noci (cibo per gli spiriti) Canti di gruppo guidavano gli spiriti al rifugio nelle case e i ceppi venivano accesi per dare calore. Celebrazioni erano tenute in onore degli spiriti dei boschi, durante le quali si offrivano agli alberi birra e pane.

I Celti decoravano in questo giorno la casa all’interno ed all’esterno con agrifoglio (un ramoscello di agrifoglio era tenuto vicino alla porta per tutto l’anno per simboleggiare l’invito perpetuo rivolto alla buona sorte), vischio, edera per invitare gli Spirito della natura ad unirsi alla celebrazione. Il ceppo di un albero di frassino (ritenuto sacro perché credevano sorgesse al centro del mondo come sostegno) non comprato ma raccolto nel terreno del padrone o ricevuto in dono, veniva sistemato nel camino e decorato con aghi di pino e pigne, fronde ed erbe, bagnato con cedro o birra, cosparso di farina prima di essere acceso con un pezzo del ceppo dell’anno precedente (che aveva protetto la casa per tutto l’anno), conservato a questo scopo: il ceppo bruciava per tutta la notte per simboleggiare il ritorno del Sole e poi rimaneva sotto al cenere per 12 giorni dopo essere stato spento durante una cerimonia rituale. I bambini andavano di casa in casa recando in dono mele e arance (simbolo del sole) aromatizzate con chiodi di garofano, dentro cesti di fronde di sempreverdi (simbolo di immortalità) e spighe di grano (simbolo del raccolto) spolverate di farina (simbolo del trionfo della luce e della vita).

I Romani festeggiavano i Saturnali in onore del Dio Saturno, da metà dicembre ai primi di Gennaio. Erano soliti decorare le case con ghirlande di alloro, e sempreverdi sui cui rami venivano accese candele, si facevano veri e propri banchetti, e si andava a trovare amici e parenti scambiandosi regali di buona fortuna chiamati Strenae.

Il neo-paganesimo celebra in questa giornata la nascita del Dio Sole.
 Nel respiro sospeso della natura il Sole è invocato dal grembo della Grande Madre, che ha dato vita a tutte le cose, accendendo per tutta la notte fiaccole e candele.
Si attende … che la Donna giri la Ruota ancora una volta e partorisca il Sole Bambino riportando calore e fertilità ai cuori dell’umanità. L’antico ceppo è stato sostituito nella celebrazione con un ramo di albero sempreverde sulla quale sono poste tre candele una rossa o nera (la Dea), una verde oro nera (il Dio Sole ) e una bianca (stagionale ), decorato con edera, vischio, boccioli di rosa, chiodi di garofano, e farina. Durante il Solstizio Invernale, nell’oscura e silenziosa profondità dell’essere, ci si connette con la scintilla del nuovo Sole e si rinasce dalle tenebre invernali dell’anima, rigenerati. Le paure, i dubbi, le idee logore e i progetti finiti, tutto ciò che nella vita tiene lontani da nuovi inizi e che portano ad una nuova crescita, sono lasciati andare nel passato per consentire il cammino verso la luce.


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lunedì 19 novembre 2018

Testimoni di Geova: Evangelizzazione o Marketing?

In questo video provo a spiegarvi come riescono i Testimoni di Geova a tessere la ragnatela attorno a coloro che diverranno poi i nuovi adepti ... come l'innocente predicazione porta a porta sia in realtà un'abile attività di marketing ....
Buona Visione!


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mercoledì 10 ottobre 2018

SanathanaDharma: MAA SHAILPUTRI - LA PRIMA DELLE NOVE FORME DI DURGA MAA (NAVRATRI)

Maa Shailputri è la prima delle nove forme della dea Durga venerate nelle Nove Notti di Durga. "Shail" significa montagna e "Putri" figlia, ma è anche conosciuta come Parvati o Hemavati.
Shailputri è la personificazione della Natura. 
Indossa una saree grigia, la mezzaluna sul capo, cavalca il toro Vrisharuda. Ha due braccia e tiene in una mano un fiore di loto e nell'altra il Trishula. Essa predica la pace, avverte dei mali del mondo i suoi devoti, si adopera perché sia fatta giustizia, risveglia la spiritualità nei suoi devoti. 



sabato 25 agosto 2018

Sanathana Dharma: Purnima/Poornima Upavas celebrare la Luna Piena

Purnima/Poornima segna dodici occasioni speciali durante l'anno: quando la Luna completa il suo  ciclo intorno alla terra, le dodici Lune Piene simbolo della vittoria sulla oscurità e sulla ignoranza. Purnima è simbolo della illuminazione, dell'abbondanza, della pienezza e della prosperità. 

Molte divinità come Subrahmanya (Kartikeya figlio di Shiva e Parvati), Dattatreya (figlio della coppia di saggi Atri e Anasuya è incarnazione della Trimurti) e Buddha nacquero nel giorno di Purnima. La prima incarnazione di Vishnu, Matsyavatara si è incarnata nel giorno di Purnima

Foto di Debora Menozzi

giovedì 23 agosto 2018

Islamiyyat: īd al-aḍḥā ovvero la Festa del Sacrificio



ʿīd al-aḍḥā - عيد الأضحى - Festa del Sacrificio
'īd al-naḥr - عيد ﺍﻟﻨﺤﺮ - Festa dello Sgozzamento
ʿīd al-qurbān - عيد ﺍﻟﻘﺮﺑﺎﻥ - Festa dell'Offerta a Dio


Celebrata ogni anno 
nel periodo di tempo (waqt) compreso fra la fine della preghiera del mattino e l'inizio della preghiera del pomeriggio del decimo giorno (e nei tre giorni successivi) del dodicesimo mese lunare islamico di Dhū l-Ḥijja ذو الحجة,  giorno conclusivo del pellegrinaggio, hajj, alla Mecca (pellegrinaggio dalle origini pre-islamiche, in questo mese infatti gli arabi si recavano alla città sacra per rendere omaggio ad una pluralità di divinità tra cui il dio della pioggia. 

mercoledì 1 agosto 2018

Áenach Tailtean, Lughnasadh, Lammas, Festa del Raccolto: 31Luglio-1Agosto

Signora delle stagioni,
tu che moltiplichi i frutti e le spighe provvedi 
che questo grano sia ben mietuto 
che renda molti chicchi. 
Lavoratori i mannelli stringete,
il taglio del covone esponete al soffio di Zefiro
o a tramontana affinché si impinguino i chicchi. 
(Teocrito, Idilli, X - I mietitori - Il canto del lavoro)

County Meath

sabato 3 marzo 2018

PERCORSI: La Discesa di Inanna negli Inferi ( INTERO POEMA Traduzione Italiana dal Sumero Traslitterato)

il nome Inanna scritto in sumerico cuneiforme

La dea sumera Inanna apparteneva a famiglie divine differenti secondo le tradizioni mitologiche dell'Impero, facenti capo una a quella della città di Ur, per la quale era nu.gig.an.na (ierodula di An - figlia di An, dio Cielo ---> dal gr. ἱερόδουλος, comp. di ἱερός «sacro» e δοῦλος «schiavo». Erano così chiamate le giovani donne che in varî santuarî erano addette al tempio, partecipando alle cerimonie con musica e danza ed talora anche esercitando la prostituzione sacra), l'altra alla città di Isin: qui era figlia del dio Nanna (dio Luna) e sorella gemella del dio Utu (dio Sole). Ma per tutti i sumeri Inanna era la "Splendente Signora Cielo", dea della fecondità della bellezza e dell'amor erotico (piuttosto che coniugale).

Istanbul Archeological Museums Ancient Orient Museum, Istanbul, Turkey

sabato 27 gennaio 2018

Sanathana Dharma: Bhishma Ekadashi / Bheesma Ekādaśī - Jaya Ekādaśī

Bhishma Ekadashi o Bheesma Ekādaśī è osservato in Shukla Paksha Magh Masam (Fase della Luna Crescente del mese di Magh, corrispondente ai mesi del calendario gregoriano Gennaio-Febbraio).

E' considerato di buon auspicio recitare od ascoltare il Vishnu Sahasranama Stotram che canta i mille nomi di Lord Vishnu, rivelato ai Pandava (i giusti della guerra a Kurukshetra narrata nel poema epico del Mahabharata) alla presenza di Sri Krishna (incarnazione di Lord Vishnu) in questo giorno dal bisnonno Bhishma mentre giaceva sul proprio letto di morte. 


martedì 23 gennaio 2018

Cristianesimo: Sposalizio della Vergine Maria e San Giuseppe



Sposalizio de la Vergine, Anonimo, XVI secolo. Olio su tela, Parma.

 Il matrimonio di Maria e Giuseppe si celebrò a Gerusalemme in una casa sita sul monte Sion, che spesso veniva presa in affitto per tali solennità. La festa delle nozze durò quasi otto giorni. Oltre alle maestre e alle condiscepole di Maria, vi assistettero molti parenti di Anna e Gioacchino ed una famiglia proveniente da Gophna, alla quale appartenevano due vergini. Le nozze furono solenni e molti agnelli furono immolati come sublime offerta al Signore. Ciò che attirò l'ammirazione generale fu l'abito nuziale della Vergine che era magnifico e divenne oggetto di attenzione da parte delle ospiti della festa. Ho visto distintamente Maria abbigliata con la pomposa veste nuziale. Era una veste larghissima azzurra senza maniche, le braccia erano coperte con le bende di lana bianca della camicia; allora le camicie non avevano le maniche ma solo bende penzolanti. Poi la Vergine si era posta subito sotto il collo una collana tempestata di gioielli e ricamata con perle ed altri ornamenti. Notai che questa collana era formata dagli stessi disegni che si mostravano sull'orlo inferiore della veste dell'esseno Arcos. Grandissime rose rosse, bianche e gialle, miste alle foglie verdi, erano tessute sull'abito o vi erano ricamate ad imitazione degli antichi abbigliamenti sacerdotali. Il lembo inferiore era adorno di fiocchi e frange, il superiore si univa col panno che ricopriva la testa. Al di sopra della veste si mostrava uno scapolare come quello di alcuni ordini monastici, per esempio dei Carmelitani: era di seta bianca, ricamato a fiorami d'oro e largo mezzo braccio, la parte esterna era adorna di pietre preziose. La Beata Vergine indossava sulla veste un ampio manto color azzurro che le ricadeva sulle spalle e terminava in uno strascico adorno di fiorami d'oro. I capelli erano stati acconciati in un modo veramente artistico: in tante ciocche riunite fra loro da fili di seta bianca e da perle, di cui le estremità erano rivolte all'indietro. Si veniva a formare così come un'ampia rete, che ricadendo all'indietro, lungo il dorso, lo ricopriva fino alla metà del mantello. Questa capigliatura era coperta da un ornamento che consisteva in frange e perle intrecciate tra loro. Sul capo portava una corona adorna di gioielli alta circa un palmo e, nel mezzo sopra la fronte, aveva incastrate tre perle, così tre altre ornavano ciascun lato. Le vergini del tempio si erano impegnate con abilità ad acconciare con destrezza la capigliatura di Maria. Nella mano sinistra la Santa Vergine portava una piccola ghirlanda di rose di seta di color bianco e rosso, e nella destra, come uno scettro, manteneva un candelabro dorato senza piedistallo, sopra vi ardeva una fiammella. Ai piedi portava sandali di stoffa verde dalle suole alte circa due dita tenute unite al piede da due nastri di color bianco e dorato. Inoltre le dita dei piedi erano ricoperte da un pezzo di stoffa unito alla suola, come portavano le donne di condizioni agiate. Quando Anna le portò trepidante i begli abiti, la Santa Vergine era così umile che non voleva indossarli. Dopo le nozze i capelli le furono rivolti sul capo, le fu tolta la corona e le si poggiò sulle spalle un velo candido come il latte. La Vergine aveva un'abbondante chioma color biondo-rossiccio, le ciglia nere e ben formate, la fronte alta, l'occhio grande, lo sguardo basso, dignitoso e modesto allo stesso tempo, sopracciglia nere e vivaci; il naso ben profilato, la bocca piccola e graziosa, il mento acuto. Maria era di media statura e il portamento, nel suo magnifico abbigliamento, era solenne e pieno di dignità. Dopo le nozze indossò una veste a righe, molto modesta, io ne posseggo gelosamente un lembo tra le mie reliquie. [...]. Le stoffe erano opera di molti tessitori che abitavano a Sion nelle vicinanze del Cenacolo. La bellezza di Maria Santissima è indescrivibile. Giuseppe invece indossava una veste lunga e larga di color celeste, come quella dei mugnai, chiusa fino all'orlo inferiore mediante dei fermagli. Le ampie maniche si allacciavano ad uncinetto, avevano larghi risvolti e delle tasche interne. Intorno al collo aveva avviluppata una stola larghissima. Vidi l'anello nuziale di Maria Santissima: non è né d'oro e neppure d'argento, né di alcun altro metallo, ma di materia bruna luccicante e largo più di un dito. La superficie liscia, dove si vedono intarsiati dei piccoli triangoli con delle lettere e una lastrina dorata.
Dai diari di Clemente Bertano: La vita della Madonna (Compreso il periodo della vita e della Passione di Gesù)Secondo le contemplazioni della pia Suora Stigmatizzata Suor Anna Caterina Emmerick.
Nota da un Commento Estramente esplicativo giuntomi su YouTube, che ripubblico:
Clemente Brentano era un grande letterato, che si dedicò volontariamente a trascrivere in un bel tedesco i racconti di suor Anna Caterina Emmerich che parlava solo dialetto. Studiando a fondo gli scritti, però, il tribunale ecclesiastico scoprì (non chiedere come, perché non parlo il tedesco) che li aveva rimaneggiati, perciò li escluse dal processo di beatificazione. Solitamente si esaminano ed approvanp tutti gli scritti del candidato, invece stavolta la suora fu beatificata indipendentemente dalla "bocciatura" degli scritti, i quali comunque non furono bollati come eretici. Il cognome è Brentano, come il fiume Brenta.



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