lunedì 14 agosto 2017

Sanathana Dharma: Kṛṣṇa Janmashtami


Festa che celebra la nascita di Kṛṣṇa, ottava incarnazioni di Viṣṇu, in realtà nella  Bhāgavata Purāṇa è detto che "Kṛṣṇa è l'Essere Supremo stesso."

Secondo quanto narrato nelle Viṣṇu Purāṇa (V, 1, 59-63) Bhagavat, la Persona Suprema, si strappò due peli dal corpo, uno nero e uno bianco: dal pelo bianco deposto nel grembo di Rohini, seconda moglie di Vasudeva, nacque Balarāma; dal capello nero deposto nel grembo di Devakī nacque  shree Kṛṣṇa, a mezzanotte dell'ottavo giorno di luna calante del mese di Bhadrapada (agosto-settembre) nella città di Mathura, città situata lungo le rive del fiume Yamunā, ottavo figlio di Devakī e Vasudeva suo marito.
"L'incantatore mistico delle anime" nacque con quattro braccia, tenendo in mano conchiglia, mazza, disco e fiore di loto, tatuato con la Shrivatsa, indossando una collana con la divina pietra Kaustubha sacra a Viṣṇu, vestito di seta gialla, abbagliante come una nube luminosa, con una corona adornata con le pietra Vaidurya comunemente denominata ad "occhio di gatto", protegge dal morso dei serpenti, rende innocuo il potere del veleno ed è depositaria dei poteri del mistico pianeta Ketu, il Nodo Meridionale della Luna Ketu il pianeta dell'illuminazione e della liberazione.



 Kṛṣṇa, the Butter Thief India, Karnataka, Mysore, 16th century

Lo scopo della nascita di Kṛṣṇa è uccidere re Kaṃsa, l'usurpatore del trono dei vṛṣni. Ma Kaṃsa è a conoscenza della profezia del veggente Nārada che ha previsto la sua morte per mano dell'ottavo figlio di Devakī e Vasudeva, fratello minore di KaṃsaKaṃsa imprigiona Devakī e Vasudeva ed ordina l'assassinio di ogni figlio di Devakī. Ma il settimo, Balarāma, viene miracolosamente trasferito nel grembo della seconda moglie di Vasudeva, Rohiṇī; mentre l'ottavo figlio, Kṛṣṇa venne scambiato con una bambina incarnazione della dea Yoga-Nidra nata dal ventre di Yashoda, moglie di Nanda. Quando Kamsa decide di uccidere la bambina, questa scomparve prodigiosamente sotto i suoi occhi.
Vasudeva intanto fugge da Mathura nascondendo il piccolo Kṛṣṇa in un cesto che affida alle acque del fiume Yamunā che lo cullano dolcemente fino alla sponda opposta dove viene raccolto (proprio come il Mosè dell'Antico Testamento -> Esodo 2:1-10) e portato a Nanda Maharaja e Yaśodā sua moglie, del villaggio di Gokula.
Saputo  Kaṃsa della presenza del figlio di Devakī nel villaggio di Gokula, vi invia una demonessa di nome Pūtanā, che assunte le sembianze di una nutrice visita le giovani madri del posto chiedendo loro di poter tenere in braccio i piccoli e allattarli al proprio seno. In realtà, essendo il suo latte avvelenato, tutti i neonati muoiono. Quando Pūtanā giunge alla casa di Nanda e Yaśodā prende in grembo il piccolo Kṛṣṇa e lo inizia ad allattare, ma il dio che è immune al veleno comincia a succhiare tanto avidamente dal seno della donna da provocarne la morte. Una volta morta, Pūtanā riprende le sue vere sembianze di demonessa, svelando così il complotto dell'usurpatore Kaṃsa.
Quando Kṛṣṇa compì un anno Nanda e Yaśodā organizzarono la cerimonia di compleanno di Kṛṣṇa (ancora osservata da tutti i seguaci dei principi vedici) ed invitarono a partecipare tutti gli abitanti di Gokula, musicisti e i dotti bràhmana che cantarono gli inni vedici durante la cerimonia dell'abhiseka.
In questa occasione, Yaśodā distribuì cereali, e le vacche più belle adorne di drappi d'oro, anelli d'oro sulle corna, zoccoli coperti di lastre d'argento e ghirlande di fiori furono preparate per essere date in beneficenza ai brahmana. Essendo Kṛṣṇa assonnato lo fece sdraiare al riparo sotto un carrello a mano. Occupata con i suoi ospiti Yaśodā dimenticò di dar da mangiare al piccolo dio, che piangeva affamato ed inascoltato. Arrabbiato Kṛṣṇa prese a calciare il carrello tanto da scagliarlo lontano e da rompere la ruota in tanti pezzi, dove vi si era nascosto Shakatasura, uno degli uomini di Kamsa con l'intenzione di uccidere il piccolo Kṛṣṇa, rimanendo invece ucciso. Attratta dal rumore del carrello e di ciò che vi era sopra che rotolava per la via, senza porre attenzione a coloro che dicevano che era impossibile che il piccolo bambino potesse aver da solo provocato la distruzione del carrello, Yaśodā prese il bambino in grembo e chiamò i dotti bràhmana a cantare santi inni vedici per contrastare gli spiriti maligni ed allattò al seno il piccolo. Per la seconda volta i brahmana eseguirono le cerimonie rituali e di nuovo Nanda Maharaja donò enormi quantità di cereali e molte vacche adornate d'oro per il benessere del suo meraviglioso bambino.
Qualche tempo dopo la cerimonia del primo compleanno di Kṛṣṇa mentre la madre Yaśodā si occupava degli affari domestici e il piccolo dio giocava nel giardino, Trinavarta, uno dei servitori di Kamsa, apparve sotto forma di una tromba d'aria sollevando una tale polvere che nessuno poteva vedere nulla. Trinavarta rapì il bambino. Yaśodā vista la tempesta si precipitò nel cortile per prendere suo figlio, ma non riuscì a trovarlo, tutte le gopi cominciarono a cercare il bambino senza nessun risultato. Trinavarta aveva preso il bambino sulle spalle salì in alto nel cielo con l'intenzione di alzarsi più in alto che poteva e poi precipitare con il bambino a terra per ucciderlo, ma Kṛṣṇa divenne pesante come una grande montagna ed afferratogli il collo lo strinse fino a quando gli occhi gli uscirono dalle orbite. Presto il popolo di Gokul trovò il piccolo Kṛṣṇa che giocava sull'immenso corpo dell'asura (demone) ormai morto. 

Un giorno, i bambini giocavano tutti nel cortile di fronte alla casa quando Balrama si precipitò dalla madre e disse che Kṛṣṇa stava mangiando il fango. Yaśodā si precipitò e stava per colpire Kṛṣṇa, ma il bambino negò di aver mangiato fango: "Guarda nella mia bocca e vedi se c'è del fango."
Kṛṣṇa aprì la bocca e Yaśodā vide l'intero universo, tutto il cielo, compresi i luminari, le stelle in tutte le direzioni, il sole, la luna, il fuoco, l'aria, i mari, le isole, le montagne, i fiumi, le foreste e tutte le altre entità mobili e immobili. Vedendo questo, il cuore di Yaśodā iniziò a pulsare, non poteva esprimere nulla, ma semplicemente chiudeva gli occhi assorta in pensieri meravigliosi ricolma di di timore reverenziale.

In un'altra occasione Kṛṣṇa ruppe il barattolo di cagliata della quale era molto goloso. Yaśodā gli si avvicinò per punirlo con un piccolo bastone in mano, Kṛṣṇa spaventato fuggì via inseguito dalla madre fino a quando si accorse che era troppo stanca per continuare a inseguirlo allora si lasciò prendere. Yaśodā decise di non batterlo ma di legarlo al mortaio. Ma nonostante utilizzasse tutte le corde trovate in case non riuscì a formare una corda abbastanza lunga per legare Kṛṣṇa. Poteva Yaśodā  forse legare l'universo usando una corda?
Infine Kṛṣṇa vedendo il viso stanco di sua madre si dispiacque e provando pietà si lasciò legare. Ma una volta legato al mortaio, trascinò il mortaio tra due alberi che erano nel cortile così che rimanendo il mortaio incastrato lui potesse liberarsi, ma la sua forza era tale che sradicò i due alberi. Appena gli alberi caddero a terra due principi Gandharva, Nalakuvera e Manigriva, si palesarono: maledetti dal saggio Narada per averlo ignorato erano stati condannati a nascere come alberi e tali sarebbero rimasti fino a quando Kṛṣṇa non li avrebbe abbattuti, come era appena accaduto.

Un giorno, mentre Kṛṣṇa giocava nel cortile, udi la voce di una donna di nishadha che vendeva i frutti contenuti nella cesta. Kṛṣṇa le chiese dei frutti, ma la donna gli rispose che doveva pagare per averli. Kṛṣṇa entrò in casa e prese dei cereali nelle sue piccole mani che scambiò con la frutta. Giunta a casa la donna sentì la che cesta era divenuta molto pesante, vi guardò dentro e la trovò piena di gemme preziose.

Un giorno, Kṛṣṇa e suo fratello si trovavano al pascolo con i loro vitelli sulle rive  del fiume Yamuna un asura, mandato da Kamsa, assunse la forma di un vitello ed unendosi alla mandria  li seguì ovunque andassero con l'intenzione di ucciderlo. Kṛṣṇa vide l'asura che si nascondeva nella mandria prendendo le sembianze di un vitello e vi si avvicinò molto lentamente e molto casualmente 
quindi all'improvviso afferrò le zampe posteriori del piccolo vitello/asura e lo fece roteare su se stesso quindi lo gettò a terra uccidendolo.
Stessa sorte fu riservata per asura Baka che prese le sembianze di un enorme uccello attendeva sulle rive del fiume Yamuna Kṛṣṇa per ucciderlo, infatti quando il bambino gli si avvicinò inghiottì Kṛṣṇa. 
Baka sentì come se una palla di fuoco fosse all'interno del collo lungo e non potè fare a meno per il dolore di sputare Kṛṣṇa, preparandosi ad ucciderlo con il suo potente becco. Quando Baka fu abbastanza vicino, Kṛṣṇa afferrò le due metà del becco aperto e divise il terribile uccello in due.

Ecco alcuni aneddoti dell'infanzia di Kṛṣṇa che trascorse nei pressi del bosco di Vṛndāvana, situato nei pressi del villaggio di Gokula, tra i pastori, e le loro mogli e figlie (gopī), da queste vezzeggiato prima e amato poi.

"Hare Krishna, Hare Rama, Hare Hare"


La visione di un dio risolutore di problemi non è applicabile a Shree Kṛṣṇa, come si legge nella Bhagavadgita [4] Kṛṣṇa non ha preso le armi, ma invece ha fornito ad Arjuna i giusti consigli e gli ha indicato la corretta via mostrando la stoltezza di coloro che si aspettano che sia Dio a consegnare loro desideri e risoluzioni.
Shree Kṛṣṇa ci ha insegnato a non fuggire alla vita, il Meraviglioso Dio ha vissuto ogni attimo della vita mentre accadeva. Ha accettato la vita nella sua interezza. Ha reso la vita una festa. La musica era parte della vita del Dio. Il suo volto era sempre sorridente, un sorriso che ancora oggi continua a conquistare milioni di cuori. Non condizionato dai guṇa [nel Sāṃkhya सांख्य, la più antica scuola indianail termine indica i tre componenti ultimi della materia, prakṛti: sattva, rajas, tamas] Kṛṣṇa è libero dal karman,  quindi è svātantrya libero da qualsivoglia condizionamento o illusione, ed in virtù di questa sua assoluta libertà Egli può concedere la liberazione anugraha, agli esseri incatenati dalle proprie scelte nel mondo materiale sofferente. 
Shree Kṛṣṇa ci ha mostrato il concetto di brahman, la forza suprema spirituale, come vivere in questa società moderna, come rimanere distaccati e neutrali sempre presenti a noi stessi oltre il "velo di Maya".

In questo giorno, nelle città e nei villaggi si svolgono processioni; i bambini sono vestiti da Kṛṣṇa Radha e Gopi; sono ricordate le gesta di Kṛṣṇa, i suoi veri insegnamenti e come abbia usato la sua vita per spiegare ai suoi devoti il contenuti delle Upanishad [3], perché Kṛṣṇa è l’incarnazione delle Upanishad.


Nei Templi sono suonati e cantati bhajans[1] kirtan[2], ed il sacro mantra:

significa "prostrarsi a Krishna" o "cedere a Krishna"
 Kṛṣṇa, stesso chiese ai suoi devoti di abbandonarsi totalmente a lui:



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Fonti:
Hindu Blog
Sirtori Vittorio 
a.c.d ., Dizionario dell’Induisimo, Torino, Garzanti Edizioni, 1995.
Prabhupada A. C. BhaktivedantaIl Libro di Krishna, 1989.

[1] Bhjans – canti devozionali, il termine deriva dalla radice sanscrita bhaj, condividere.
[2]
Kirtan - la ripetizione continua di un Mantra o il canto di inni al suono di musica sacra è una pratica citata nei Tantra Shastras,che utilizza le vibrazioni sonore per poter espandere ed infine liberare la propria coscienza spirituale.
[3]Upanishad - il termine Upani?ad deriva dalla radice verbale sanscrita sad (sedere) e dai prefissi upa e ni (vicino): “sedersi vicino" ma più in basso suggerendo l'azione di ascolto degli insegnamenti spirituali da parte di un guru, o maestro spirituale ai suoi discepoli. Le opere, più di 300, che compongono le Upanishad sono testi di carattere religioso e filosofico, composti in lingua sanscrita, e trasmesse oralmente. Le quattordici Upani?had vediche furono compilate dal IX-VIII secolo b.C.E. al IV secolo b.C.E., quindi furono aggiunti testi minori fino a raggiungere un numero complessivo di circa trecento nel XVI secolo. Nel 1656 furono messe per iscritto quando il sultano musulmano Dara Shikoh (1615-1659) ne ordinò la traduzione dal sanscrito in lingua persiana.
[4]
Bhagavadgita, "Canto del Divino" è uno dei testi più sacri dell'Hinduismo. Diviso in 18 adhyaya, canti, e 700 sloka, versi, il poema è contenuto nel VI parvan del Mahabharata. L'unicità di questo testo consiste nella figura divina, Krishna, che parla in prima persona illustrando la sua darsana (dottrina) completa.

Rathnai Kalpitham asanam, Himajalai snanam cha divyambaram, Naana rathna vibhooshitham mruga madha modhanvitham Chandanam, Jathi champaka bilwa pathra rachitham, pushpam cha doopam thathaa, Deepam deva dayanithe pasupathe, hrud kalpyatham gruhyatham. (Adi Sankaracharya, Shiva Manasa Puja)

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